digital fundraising

Come scegliere lo strumento online più adatto?

Alzi la mano chi nelle attività quotidiane di comunicazione o raccolta fondi online non è mai stato tentato di scegliere uno specifico strumento perché “tutti lo usano e quindi non possiamo non esserci anche noi” oppure perché “l’ho scoperto da poco e mi sembra bellissimo… e poi è anche gratis“. Come è logico prevedere, questo modo di procedere spesso si trasforma in un insuccesso e la colpa viene solitamente scaricata sull’inadeguatezza dello strumento o peggio ancora sull’analfabetismo (digitale) degli interlocutori.

In realtà l’errore di fondo è solo uno:

non si parte mai dallo strumento per poi costruirgli addosso una strategia (sempre che non si passi direttamente all’operatività senza neanche pensare a come renderlo utile ai nostri fini) bensì l’individuazione dello strumento è il risultato naturale di un processo che parte dall’analisi degli obiettivi, dei target e della strategia.

Come scegliere lo strumento?

E allora che fare? Se non si hanno risorse (soprattutto di tempo e competenze) per ragionare su un seppure minimo piano strategico di comunicazione, può tornare utile questa semplice tabella che cerca di raccogliere le domande da porsi per valutare se lo strumento possa essere quello che fa al caso nostro.

Vediamo nel dettaglio i vari punti:

  1. i risultati che è in grado di generare sono coerenti con i nostri obiettivi? Questo presuppone che si abbia in testa almeno una vaga idea di cosa si vuole ottenere dallo strumento (ad esempio maggiori donazioni, brand awarenss, database building ecc.) e soprattutto che si conosca il suo meccanismo di funzionamento (ad esempio se penso a Twitter devo sapere che posso scrivere non più di 14o caratteri, con qualche deroga, e che se utilizzo il crowdfunding devo avere una rete di relazioni digitali consolidata e ampia);
  2. quali sono le caratteristiche della base potenziale di interlocutori? Da un lato presuppone che noi conosciamo il nostro interlocutore potenziale e/o effettivo (la strategia “do cojo, cojo” non è molto raccomandabile) e dall’altro che vi sia la possibilità di valutare le caratteristiche del bacino di potenziali interlocutori raggiungibili dallo strumento (fortunatamente per gli strumenti digitali abbiamo a disposizione una moltitudine di strumenti che ci permettono di fare la radiografia degli interlocutori).
  3. quale tipologia di contenuto richiede? Sembra una domanda un po’ banale ma in realtà è cruciale sapere quali sono i contenuti che dovrò preparare (testi, foto, video, link esterni o interni ecc.) e soprattutto quelle che funzionano meglio (ad esempio su Facebook dovrò lavorare molto con le immagini, gif e meme mentre per il sito web avrò bisogno sia di testi articolati che di immagini).
  4. quale è il grado di complessità d’uso? A volte non abbiamo una visione realistica di quale sia la complessità di gestione di uno specifico strumento fino a quando non ci mettiamo le mani (per questo sarebbe utile fare dei test prima ad esempio nei social network con i profili personali) e quindi possiamo azzardare delle ipotesi oppure semplicemente chiedere a qualcuno (preferibilmente un amico ma vanno bene anche community, forum ecc.) che lo utilizza per professione.
  5. quali competenze richiede? A questa domanda penso che per molti la risposta sia “certo che servono delle competenze però il volontario è un mezzo smanettone nerd (che non è una parolaccia) quindi è perfetto”. Ricordatevi sempre che saper navigare su internet oppure tappare con apparente disinvoltura sui touch screen non è sinonimo di conoscenza professionale dello strumento. A questa domanda ci sono solo tre soluzioni possibili dopo aver identificato le competenze necessarie: le abbiamo internamente, dobbiamo prevedere un percorso di formazione di qualche interno oppure mi affido a un fornitore/consulente esterno (e prestate sempre moltissima attenzione a quest’ultima alternativa).
  6. che frequenza di aggiornamento richiede? Purtroppo una volta attivati non vivono di vita propria bensì hanno necessità di essere presidiati costantemente sia per produrre contenuti (ad esempio su Facebook devo produrre almeno 2-3 contenuti al giorno mentre la newsletter esce solo una volta al mese) che per monitorare e interagire con gli interlocutori (soprattutto nei social media ad esempio l’interazione dovrebbe essere quasi in tempo reale e non solo nell’orario di lavoro).  
  7. sono libero di usare un qualsiasi stile di comunicazione oppure me ne impone uno? Anche se non ci abbiamo mai pensato o non ci facciamo caso, la nostra organizzazione quando comunica adotta un proprio stile di comunicazione che in qualche modo la identifica prima ancora dei contenuti. È importante quindi capire se il nostro stile è applicabile anche allo strumento specifico, se è necessario apportare delle modifiche senza snaturarlo oppure se il target potenziale presente sullo strumento e che vogliamo raggiungere invece è abituato a stili diversi (ad esempio su Facebook posso usare le emoticon per arricchire il senso di quanto scrivo mentre sul sito è molto più difficile).
  8. quanto costa? Il grosso problema di molti strumenti online è che sono degli imbroglioni: hanno un costo d’ingresso solitamente molto limitato (ad esempio la quasi totalità dei social media è gratuito, aprire un sito costa poche decine di euro ecc.) ma un costo di funzionamento, in ottica professionale, che non può essere ignorato. Bisogno quindi sempre prevedere un budget coerente con gli obiettivi che si vogliono raggiungere (ad esempio oltre al costo orario delle persone che devono lavorarci, ci sono i canoni per strumenti di gestione professionali, costi per l’advertising, costi per il coinvolgimento di professionisti e l’acquisto di servizi specializzati ecc.).
  9. è possibile integrarlo con gli altri strumenti? Come dicevano i moschettieri “Uno per tutti, tutti per uno”. Nella scelta di uno strumento bisogna sempre verificare la possibili e la facilità di integrazione con gli altri strumenti che utilizziamo perché questo ci permette di risparmiare tempo,ridurre le probabilità di errore e soprattutto facilitare le strategie multicanale (ad esempio il form di donazione del sito dovrebbe dialogare automaticamente con il database per registrare subito tutte le donazione oppure il form di iscrizione alla newsletter dovrebbe salvare in automatico il contatto nella piattaforma di email-marketing).

Come si può facilmente intuire, la scelta dello strumento da impiegare non è cosa semplice e che si può fare a cuor leggero. Allo stesso tempo questo non vuol dire che non è consigliato sperimentare e provare cose nuove ma semplicemente che nel farlo bisogna prima di tutto studiare bene lo strumento e avere le idee ben chiare di dove si vuole andare.

E voi come fate per scegliere lo strumento da utilizzare nella vostra strategia di fundraising e comunicazione online? C’è qualche altra domanda che aggiungereste?

Davide Moro è un consulente di fundraising e formatore specializzato in raccolta fondi online, comunicazione sociale e psicologia del donatore. Dopo aver concluso nel 2016 il dottorato di ricerca all’Università IULM con un progetto di ricerca sulla philnathropic psychology, si è appassionato al tema della divulgazione del fundraising dal punto di vista della ricerca accademica.